Progetto di ricostruzione sulla figura di Gualengo Ghisilieri

Gualengo Ghisilieri



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Il tentativo ricostruttivo di Gualengo Ghisilieri:


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Antica famiglia bolognese, originata dai potenti Cattani di Sala e che presto assunse in Bologna una parte notevole, senza tuttavia riuscire mai ad ottenere la signoria della città. Per le vicende dei contrasti cittadini fu spesso espulsa da Bologna e ogni volta lasciò delle ramificazioni in parecchie città italiane

Gualengo Ghisilieri, del consiglio dei cinquecento, Capitano dei Bolognesi, uomo fortissimo in armi, e che aveva temute le minacce dell'avversa fortuna....

L’unico riscontro iconografico di Gualengo che abbiamo trovato è la stampa del suo Cenotafio sepolcrale che era nella chiesa di S. Francesco. Questo monumento andò distrutto a fine dell’800’ ma fortunatamente siamo in possesso della stampa originale che ha preservato la sua immagine nel tempo e ci ha permesso di iniziare un lavoro di ricostruzione.
acque in Bologna poco prima del 1350 da Matteo di Ugolino e da Mona di Antonio Berni. Ebbe una sorella, Ghidina, sposa nel 1363 di Egidio, anch'egli della casata Ghisilieri e due fratelli, Gualengo, probabilmente maggiore d'età, e Antonio (Antoniolo), minore.

Il padre Matteo abitava in "cappella" di S. Fabiano, una delle sedi caratteristiche degli ormai numerosi rami della casata Ghisilieri; ma, a differenza degli altri, prestigio e ricchezza di questo ramo si erano ultimamente appannati. Matteo e i suoi fratelli Jacopo e Andreuccio erano iscritti nelle milizie del Comune non più in qualità di cavalieri, come i loro ascendenti, ma in qualità di fanti. Le proprietà erano costituite, oltre che dalla casa, da alcune possessioni a Sala degli Aigoni e a Sant'Elena, quasi tutte coltivate a prato. Forse per mantenere comunque un tenore di vita dignitoso Matteo e Andreuccio conservarono sempre comune l'abitazione e indivise le proprietà fondiarie. Ciò nonostante dovettero affrontare pesanti periodi di difficoltà, tanto che alla loro morte, avvenuta per entrambi nel 1373, i rispettivi figli ed eredi acquisirono, oltre ai beni ancora indivisi e che furono separati solo l'anno successivo, anche situazioni debitorie, onorate a distanza di anni.

Questa situazione, non troppo felice, dovette influire sulle scelte del G., indotto ben presto a cercare fuori città occasioni di affermazione e guadagno. Non si sa dove abbia trascorso gli anni della giovinezza; ma è molto probabile che egli sia stato iniziato al mestiere delle armi in una delle tante bande di ventura che operavano al soldo delle varie città e signori. Occasioni di apprendistato di tale mestiere l'endemico stato di belligeranza dell'Italia del periodo ne offriva a iosa. Il G. le colse, riportandone, pare, anche stima e fama nella stessa città d'origine.

Le prime testimonianze di una sua presenza in città risalgono al 1376 e sono certamente lusinghiere. Nel pieno della rivolta che, fomentata da Firenze, pose fine al governo della Chiesa in Bologna al G. si affidò il legato pontificio, cardinale Guglielmo di Noellet, succeduto da poco a Egidio Albornoz; il G., narrano le cronache, lo pose in salvo, conducendolo travestito dal palazzo del governo al convento di S. Giacomo. La presenza del G. in città dal 1376 al 1378 è attestata anche da alcuni atti notarili nei quali, insieme con i fratelli, regolò pratiche concernenti l'eredità paterna. Non risulta invece che, a differenza del fratello Gualengo, egli sia stato coinvolto nel nuovo corso politico instauratosi in città, né che abbia avuto parte nelle lotte di fazione che caratterizzarono la ripresa delle forme di autogoverno comunale nel periodo noto come "signoria del popolo e delle arti". Lasciò anzi presto la città e fu a Padova, al soldo di Francesco (il Vecchio) da Carrara, alleato dei Genovesi e con loro impegnato nel conflitto, iniziato nel 1378, che opponeva la Serenissima a Genova, passato alla storia con il nome di guerra di Chioggia.

A Chioggia, conquistata nell'agosto 1379, il G. venne nominato dal Carrarese podestà, ossia suo luogotenente e, insieme con il ferrarese Marsilio Conestabili e con il padovano Giovanni da Volparo, ebbe il comando del contingente di Padova, rimasto a presidio di Chioggia. Nel corso dell'assedio condotto da Venezia per riconquistare la città il G. si distinse per virtù militari e anche per capacità diplomatiche, tal che, nell'imminenza di una resa ormai inevitabile, furono commesse al G., coadiuvato da Marsilio Conestabili, le trattative con Vettor Pisani, capitano generale dell'armata veneziana.

Dopo la resa gli fu concesso di andarsene libero ed egli fu di nuovo a Padova: indice del fatto che, nonostante l'infelice esito della guerra, Francesco da Carrara gli aveva conservato immutata la sua stima. Da Padova nel marzo del 1381 mosse alla conquista di Asolo. Truppe del duca Leopoldo d'Austria cercarono successivamente di riconquistare Asolo e di liberare il veneziano Lorenzo Baffo che aveva mantenuto il possesso della rocca della città; ma il G. ricacciò le truppe del duca e ottenne la resa di Lorenzo Baffo. Il G. militò ancora per Francesco da Carrara negli anni successivi e si segnalò in particolare nei vari scontri che nel 1386 i Carraresi ebbero con le milizie degli Scaligeri intorno a Conegliano, a Treviso e in Friuli, ove fu chiamato a collaborare con Facino Cane, anch'egli al soldo del signore di Padova.

Non si hanno più notizie del G. fino alla primavera del 1389 quando si trovava di nuovo a Bologna. Il ritorno nella sua città fu con tutta probabilità conseguenza dell'abbandono della signoria su Padova da parte dei Carraresi con i quali esisteva evidentemente un legame più forte di quello dovuto al rapporto, pur prolungato nel tempo, di un capitano di ventura con il signore che lo aveva assoldato. Un legame che nell'aprile del 1389 indusse Francesco Novello, nella sua ricerca di alleanze antiviscontee per riconquistare Padova, a rivolgersi direttamente al G. al fine di ottenerne la mediazione nelle trattative che aveva in animo di aprire con il governo bolognese. Nel successivo mese di maggio Francesco Novello giunse da Firenze a Bologna e il G. lo accolse nella sua casa. Gli Anziani di Bologna non lesinarono a Francesco Novello manifestazioni di stima e di amicizia, ma si guardarono bene dall'aderire a un'alleanza che avrebbe esposto la città ad azioni ostili da parte di Gian Galeazzo Visconti, le cui mire su Bologna erano minacciosamente note da tempo.

La prudenza esibita in questa circostanza dal governo bolognese non bastò tuttavia a stornare da Bologna l'interesse del Visconti che, l'anno successivo, alleatosi con gli Estensi, i Gonzaga e i Malatesta, inviò truppe contro la città. Bologna, sostenuta da Firenze, fece ricorso tra gli altri anche al G. che fu uno dei provveditori sopra le fortezze e capitano della cavalleria assoldata dalla città. Il 1° apr. 1390 vi fu lo scontro con la fanteria condotta da Carlo Malatesta, dall'esito tanto sfavorevole ai Bolognesi da indurli a non affrontare più prove in campo aperto.

Dell'attività del G. nel decennio seguente mancano testimonianze. Riaffiorano solo nel 1400 e sembrano ripetere la precedente situazione. In tale anno fu infatti ancora uno dei capitani delle truppe assoldate da Bologna, alleata nuovamente con Firenze, i Carraresi e, questa volta, gli Estensi, in lotta contro i Malatesta e i Manfredi, sostenuti da Gian Galeazzo Visconti. Il G. ebbe anche responsabilità di governo, affiancando con gli altri membri del Collegio dei dodici alla pace, gli Anziani e i Riformatori. Sulle sue capacità di uomo di governo sembra peraltro prevalessero le sue competenze militari. Nel 1401 fu infatti al comando di una compagnia di 50 lance assoldate da Bologna.

Nello stesso anno, il 14 marzo, il G. ottenne anche un prestigioso riconoscimento da Giovanni Bentivoglio che pochi giorni prima aveva acquisito, dopo lunga e sanguinosa lotta, la signoria sulla città. Nel corso dei festeggiamenti per tale conquista, il Bentivoglio lo fece armare cavaliere. Insieme col G. ottennero tale dignità altri venti cittadini, esponenti forse più delle forze emergenti della città che della fazione che aveva sostenuto il nuovo signore. Non sembra tuttavia che ciò sia bastato a fare del G. un acceso bentivolesco, né risulta che egli abbia preso parte agli scontri che l'anno successivo segnarono la fine di Giovanni Bentivoglio e della prima signoria di questa famiglia sulla città. È molto probabile che il G. si sia nuovamente allontanato da Bologna per lungo tempo.

In città fu di nuovo nel 1407 e qui il 20 settembre dettò il suo testamento. Dell'atto resta soltanto una breve memoria dovuta ai legati pii da lui disposti. Da essa apprendiamo che egli aveva tre figli: Luchino, Nicolò e Benedetto e che continuava a risiedere nella casa posta in cappella di S. Fabiano. Nulla invece è possibile sapere della moglie né dell'entità delle sostanze possedute.

La redazione del testamento non è comunque l'ultima testimonianza lasciata dal Ghisilieri. Nel marzo del 1408 condusse affari insieme con altri membri della famiglia. Nel maggio successivo assunse ancora una volta incarichi di governo, chiamato dal legato pontificio, cardinale Baldassarre Cossa, a far parte, insieme con pochi altri rappresentanti delle casate più prestigiose del momento - Bolognini, Canetoli, Griffoni, Pepoli, Zambeccari -, di un ristretto consiglio incaricato di coadiuvarlo nella gestione degli affari cittadini.

Furono questi gli ultimi contributi dati dal G. al governo della sua città. Morì infatti poco dopo, a Bologna nel gennaio del 1410.

Tratto dal sito: http://www.treccani.it/
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Comune-Governo, Provvigioni "in capreto", vol. 3, c. 318; Riformagioni e provvigioni cartacee, s. III, reg. 67, c. 5; Elezioni di ufficiali del Comune, b. 5/a, reg. a. 1395, c. 56v; Elezioni per il Consiglio dei 400, reg. aa. 1379-81, a. 1379, Porta Stiera; Curia del podestà, Giudici ai dischi in materia civile, Atti, decreti e sentenze, vol. 15, cc. 334v-335v; Capitano del Popolo, Venticinquine, b. 12; Tesoreria e contrallatore di Tesoreria, regg. 28, 29; Ufficio dei memoriali, voll. 284, c. 406; 302, c. 436; Provvisori, s. pergamenacea, b. 60, Pietro dalla Camera, 13 marzo 1408; Notarile, Not. Giovanni Angelelli, regg. 15/4, cc. 4v, 78; 15/12, c. 14; 17, c. 4v; 15/23, cc. 133v-134; 15/25, c. 67v; 15/29, cc. 67v, 69, 86v; Arch. privato Ghisilieri, I, b. 1, doc. 45; Bologna, Arch. di S. Petronio, b. 271, Libro III rosso dei testamenti, c. 52v; G. Gatari - B. Gatari, Cronaca carrarese, a cura di A. Medin - G. Tolomei, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XVII, I, t. 1, ad ind.; Corpus chronicorum Bononiensium, a cura di A. Sorbelli, ibid., XVIII, I, t. 3, ad ind.; M. de Griffonibus, Memoriale historicum de rebus Bononiensium, a cura di L. Frati - A. Sorbelli, ibid., XVIII, 2, pp. 90, 96; H. de Bursellis, Cronica gestorum ac factorum memorabilium civitatis Bononie, a cura di A. Sorbelli, ibid., XXIII, 2, pp. 62, 67; C. Ghirardacci, Historia di vari successi d'Italia e particolarmente della città di Bologna, II, Bologna 1669, ad ind.; P.S. Dolfi, Cronologia delle famiglie nobili di Bologna, Bologna 1670, p. 359; P. Di Mattiolo, Cronaca bolognese, a cura di C. Ricci, Bologna 1885, p. 81; F. De Bosdari, Il Comune di Bologna alla fine del secolo XIV, in Atti e mem. della Deputaz. di storia patria per le prov. di Romagna, s. 4, IV (1914), p. 181; Id., Giovanni I Bentivoglio signore di Bologna (1401-1402), ibid., V (1915), p. 209..




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